di Manuel Barbera (b.manuel@inrete.it).
Se le lingue indoeuropee sono le più diffuse in Europa ed ormai
nel mondo tutto, e se l'indoeuropeistica è sempre stata, come abbiamo visto, la
"prima donna" della linguistica storica, non per questo va sottovalutata l'importanza
delle lingue uraliche e dell'uralistica. Le lingue uraliche costituiscono, infatti,
la seconda principale componente dell'Europa linguistica, e comprendono lingue di
grande civilizzazione e cultura come l'ungherese (magyar, 14 milioni di parlanti),
il finnico (suomen kieli, 5 milioni di parlanti) e l'estone (eesti keel,
1 milione e duecentomila parlanti). E l'uralistica come scienza vanta anche una maggiore
antichità dell'indoeuropeistica, dato che, ben prima di Rask e Bopp, il teologo ed
astronomo ungherese János sajnovics (1733-1785) aveva scoperto e scientificamente
dimostrato la parentela di ungherese e lingue lapponi (cfr. János Sajnovics Demonstratio idioma
Ungarorum et Lapponum idem esse, Copenhagen e immediatamente dopo Trnava (Croazia),
1770), ulteriormente ampliata non molti anni dopo con il confronto fra ungherese e finnico
portato avanti da un altro ungherese, Sámuel Gyarmathi (Affinitas linguae hungaricae
cum linguis fennicae originis grammatice demonstrata, Gotingen, 1799). Non solo:
le lingue uraliche presentano spesso, come vedremo, situazioni genealogiche complementari a quelle
incontrate in indoeuropeistica, e ne costituiscono un utile contraltare anche dal
punto di vista teorico.
Un indubbio svantaggio, invece, rispetto all'indoeuropeo
è la minore disponibilità di attestazioni antiche. Le testimonianze più antiche sono
ungheresi e risalgono al XII secolo. Dopo l'ungherese, la lingua con attestazioni più
antiche è il kareliano, di cui è stato trovato un breve testo (tre righe di scongiuri
contro i fulmini ...) su corteccia di betulla del XIII secolo negli scavi di Novgorod,
cui è seguita una lettera del XIV secolo. Tranne questi pochi affioramenti, per le
lingue di area scandinàva le prime attestazioni sono legate alla Riforma: il primo
testo finnico, ad esempio, è l'ABCkirja (lett. 'ABC-libro', cioè "abecedario")
del 1543, cui seguirono un libro di preghiere (1544) ed una traduzione del Nuovo
testamento (1548) del vescovo luterano Michael Agricola; il primo testo lappone
(in lappone di Piteå) è l'abecedario con testi religiosi di Nicolas Andreae del 1619; ecc.
Per le lingue dell'area russa centrale, di norma le attestazioni sono sporadiche
per il Sette-Ottocento, con creazione di lingue letterarie solo in epoca sovietica.
L'unica eccezione è l'antico permiano, di cui si hanno attestazioni dal 1510 al XVIII
secolo grazie all'importanza dell'opera di evangelizzazione di Stepán Khrap, alias
Santo Stefano di Perm' (1335-1396), che divisò perfino uno speciale alfabeto (detto
"aburico") per la scrittura dei testi sacri in permiano.
Prima di tutto cerchiamo di familiarizzare con la distribuzione
delle lingue uraliche nell'Eurasia. Nella cartina seguente potete vedere una
rappresentazione sommaria, dello stesso tipo di quella che avevamo visto per
l'indoeuropeo.
[tav. 1]
Carta linguistica delle lingue uraliche. Adattato da Hajdú Péter, The origins
of Hungarian, in The Hungarian Language, edited by Benko" Loránd and Imre Samu,
The Hague & Paris - Budapest, Mouton - Akadémiai Kiadó, 1972, pp. 15-48. Alcuni nomi
delle lingue di area ex-sovietica, seguendo un vecchio sistema ancora a volte
adottato in testi di linguistica, sono dati nell'eterodenominazione russa,
anziché secondo le rispettive autodenominazioni, secondo la prassi oggi più corrente.
Le corrispondenze sono: "mordvino" = erzja e mokša (il nome è usato solo per il
gruppo), "ceremisso" = mari, "votjàco" = udmurt, "sirjeno" = "komi", "vogulo" =
khanty, "vogulo" = mansi.
Si può notare, in primo luogo, la distribuzione a ponte tra
l'Asia nordoccidentale, dove risiede il baricentro della famiglia, e l'Europa
settentrionale (lingue baltofinniche), con un cuneo in Europa centrale (ungherese).
Inoltre, come si può vedere, molte sezioni non sono continue, ma di norma immerse
in aree di lingua diversa (prevalementemente il russo), a differenza dell'indoeuropeo,
dove la maggior parte dei gruppi sono distribuiti senza soluzioni di continuità.
Questo riflette in buona misura la storia degli spostamenti delle popolazioni in
questione, che sono state talvolta coinvolte nello "stile di vita" altaico (prevalentemente
turco, nella fattispecie), con spostamenti di confederazioni tribali (cfr. oltre a
proposito dell'altaico).
Queste peculiarità di "etnogenesi", esemplificate al massimo grado dall'ungherese,
come vedremo nel paragrafo seguente, non hanno mancato di marcare anche linguisticamente
la differenza rispetto all'indoeuropeo.
Per calarci direttamente in medias res, la classificazione
genealogica delle lingue uraliche si può schematizzare con uno schema ad albero,
appena arricchito di informazione extra-genealogica, e con pochi "trucchi"
rappresentazionali rispetto alle strutture arborescenti orientate semplici:
[tav. 2]
Classificazione genealogica schematica delle lingue uraliche. In maiuscoletto tondo sono le sigle
delle protolingue uraliche: UR (proto)uralico, JK (proto)jukaghiro, FU (proto)finnougrico,
SA (proto)samoiedo, FP (proto)finnopermico, UG (proto)ugrico, FV (proto)finnovolgaico,
PE (proto)permico, OU (proto)obugrico (ugrico dell Ob'), XA (proto)ostiàco (hanty),
MN (proto)vògulo (mansi), SK (proto)selkupo, SA (proto)sajano, FL (proto)finnolappone,
MD (proto)mordvino, MR (proto)ceremisso (mari), BF (proto)baltofinnico, LP (proto)lappone.
In maiuscoletto corsivo sono le sigle delle famiglie linguistiche non uraliche
nel cui contesto le lingue uraliche si trovano (o si sono trovate) immerse: LV
lingue luoravetliche (Ciukcio-kamciadale), SL lingue slave, TU lingue turche, BA lingue
baltiche, GE lingue germaniche, JE lingue jeniseiane, TG lingue tunguse. Le dislocazioni
grafiche dei vari rami suggeriscono la contiguità territoriale delle (proto)lingue, le
linee trattegiate relazioni diffusionali, non genealogiche (prestiti, influenze ...).
Riprodotto da Manuel Barbera, Introduzione storico-descrittiva alla lingua vota (fonologia
e morfologia), Pavia, Legostampa Editore, 1995, p. 15.
Su questo Stammbaum
il consenso è pressoché completo, salvo forse qualche minore dettaglio; non varrebbe nemmeno
la pena di avvisare che negli ultimi anni è però sorto un gruppuscolo di eretici (capitanato
in Italia da Carla Marcato) che nega tutto ciò contro ogni evidenza, sennonché costoro hanno
goduto di una immeritata pubblicità, sicché potrebbe giungervene qualche eco, e confondervi.
L'ungherese, tra l'altro, è sempre stato un pet language di comparatisti folli
che vi hanno comparato cose che non c'entrano una pera come il cinese, il sumerico, il greco
bizantino e le lingue maya (!!). Avvisati.
Nonostante gli influssi reciproci (linee tratteggiate) ed i fenomeni
di diffusione areale (notevoli soprattutto in quello che è stato chiamato il "centro
permiano"), la ramificazione dei principali gruppi è molto netta: segno che la
differenziazione linguistica si è perlopiù accompagnata ad una separazione anche geografica
(l'osservazione risale allo studioso finnico Paavo Ravila): situazione ben diversa, dunque,
dall'indoeuropeo, in cui le relazioni reciproche dei vari gruppi non sono sempre ben chiare,
e da quella delle lingue altaiche che, come vedremo, è ancora più confusa.
Le "raffinatezze" messe in campo nello schema precedente sono, ci tengo a far notare, in qualche modo tradizionali nella tradizione della linguistica storica uralica, a differenza del pur studiatissimo indoeuropeo. Già il grande linguista finnico Lauri Kettunen (1885–1963), nella prima metà del secolo scorso, pur in uno schema apparentemente "ingenuo" e "figurativo" come l' albero di Haeckel che avevamo visto all'inizio di questa sezione, aveva iniziato a sperimentare con le "dislocazioni" dei rami:
[tav. 3]
L'albero (Stammbaum)delle lingue uraliche secondo Kettunen (1938): si noti
la dislocazione del lappone dal periodo protobaltofinnico (kantasuomalaisen aika) e
dell'ob-ugrico (obin-ugrilaiset kielet) dall'ungherese, e la rappresentazione
del samoiedo come una sorta di succhione prodotto dal ceppo stesso. Riprodotto da
Lauri Kettunen ja Matti Vaula, Suomen kielioppi, Helsinki, Werner Söderström
Osakeyhtiö, 1938 [1952 ottava edizione], p. 4.
Ma a questo punto possiamo scendere maggiormente nel dettaglio.
Nel file linkato nella tavola seguente trovate una classificazione
delle lingue uraliche più completa, tassonomicamente arrangiata.
Si tratta di una tassonomia con grado di approfondimento medio-basso (si arresta
sostanzialmente al taxon "dialetto"), da tenere presente come primo riferimento
per la tassonomia uralica, ed anche come primo modello di tassonomia linguistica
(un modello più approfondito e sofisticato sarà presentato fra poco per le lingue
baltofinniche).
[tav. 4]
Una classificazione tassonomica
completa e di dettaglio medio-fine delle lingue uraliche. In grassetto le varietà standard
"letterarie" (quando ve ne sono); in blu sono numerati i taxa lingua; delle
principali varietà è indicato il distretto (oblast' se nella Repubblica Russa,
o la "Repubblica autonoma" se in una repubblica interna alla Repubbòica Federale Russa.
Adattato da Manuel Barbera, Introduzione storico-descrittiva alla lingua vota (fonologia
e morfologia), Pavia, Legostampa Editore, 1995, pp. 16-2.
L'ungherese rappresenta forse il caso più evidente
della caratteristica glottogenesi migratoria di tipo "altaico" nelle lingue
uraliche. L'ultima, importantissima, migrazione di popolazioni uraliche, avvenuta
ormai in epoca "storica", è infatti proprio quella degli ungheresi, o meglio:
di una confederazione tribale, in
cui, accanto a molte componenti turche (il nome stesso del capo della confederazione,
Árpád, è di origine bulgaro-turca), erano predominanti tribù di tipo proto-ungherese.
Comunque, nel IX secolo (la data tradizionale della honfoglalás 'conquista
della patria è l'896) questi "ungheresi" si
spostarono in Europa, nell'area del medio Danubio e del Tibisco, a partire dalla
zona del medio Volga (la cosiddetta Magna Hungaria) dove si erano precedentemente
stanziati, separandosi dagli ugrici dell'Ob'.
Se nel caso dell'ungherese etnogenesi e glottogenesi sono parallele,
entrambe coagulate intorno alla honfoglalás, quello delle lingue lapponi
è un caso diametralmente opposto, in cui etnogenesi e glottogenesi rappresentano
due fenomeni completamente distinti.
Quando uno analizza la stratificazione del lessico e della morfologia delle lingue
lapponi, una volta sceverato l'elevato numero di prestiti germanici (in diverse
distribuzioni cronologiche e geografiche) ed altri minori gruppi di prestiti, non
resta dubbio alcuno che la componente assolutamente maggioritaria di queste lingue
giustifica la posizione di lingua sorella del proto-baltofinnico assegnata al proto-lappone
in tutte le classificazioni. Resta però anche una inquietante zona opaca del lessico
etimologico lappone: circa il 15% resta infatti di origine affatto sconosciuta.
Questo dato, associato alla visibile differenza antropomorfica rispetto a finnici e scandinavi
(i lapponi non sono alti, biondi e con gli occhi azzurri, ma sono bensì molto più simili
agli eschimesi ed alle popolazioni artiche in genere: bassi, bruni, con occhi scuri,
volto più simile al mongolico che al caucasico, carnagione olivastra), ha dato
la stura nel passato a molte fantasie, su cui non vale la pena di sostare.
Quello che invece ci può interessare è notare come i dati genetici dei mappaggi
di Cavalli-Sforza, al di là delle fantasie romantiche, proiettano una realtà genica
concreta alla "zona grigia" del lessico lappone:
[tav. 5]
Mappa della seconda componente principale genica dell'Europa secondo Cavalli-Sforza.
L'area nera individua genicamente l'area lappone. Che l'asse Lapponia - Spagna
rispetto a quello Medioriente- Scandinavia della prima componente abbia verso
opposto (ossia sia frutto di una sopravvivenza residuale anziché di un'espansione)
è un'interpretazione in base a criteri extragenetici (storici ed archeologici):
da soli i criteri geneici non possono fornire infatti l'orientamento dei gradienti.
Riprodotto da Luigi Luca Cavalli-Sforza - Paolo Menozzi - Alberto Piazza, The
History and Geography of Human Genes, Princeton University Press, 1994; trad.
it. Storia e geografia dei geni umani, Milano, Adelphi, 1997, p. 551.
Su queste basi, l'unica spiegazione che soddisfi tutti i dati,
pare essere che la popolazione antenata dei lapponi odierni (potremmo chiamarli i
"pre-lapponi") rappresenti uno strato arcaico, preindoeuropeo e preuralico, della
popolazione d'Europa. Questi "pre-lapponi" in epoca più recente avrebbero abbandonato
la loro (o le loro, per quel che ne sappiamo ...) sconosciuta lingua preistorica
(il "pre-lappone", come potremmo chiamarlo) passando alla lingua finnolappone
da cui discendono le lingue lapponi odierne, lasciando come uniche sopravvivenze
del "pre-lappone" i residui inanalizzabili che troviamo nel lessico lappone moderno.
Concentriamoci ora sul baltofinnico. Questa è una cartina linguistica:
[tav. 6]
Carta linguistica delle lingue baltofinniche e delle
loro principali varietà. I toponimi sono nella lingua ufficiale del loro territorio. I
nomi delle lingue / dialetti sono abbreviati nella legenda; questi sono gli scioglimenti:
Su. "finnico" (in finnico suomen kieli), Ka. "kareliano", Au. "oloneziano" (in finnico aunuksen
kieli), Ly. "lüdo" (in finnico lyydilaismurre), Ve. "vepso", In. "ingrico", Vo. "voto", Ee. "estone"
(in estone eesti keel), Li. "lìvone"; N S E W stanno ovviamente per i punti cardinali, cNE
vale per "costiero nordorientale" e Ku. per "Kukkuzi". Riprodotto da Manuel Barbera, La
gradazione baltofinnica, Londra, Lothian Foundation Press, 1993, p. 8.
La tavola seguente presenta
analiticamente la stessa situazione sotto forma di classificazione a maglia dialettale
molto stretta, impostata in modo tassonomico rigoroso:
[tav. 7]
Classificazione tassonomica a
maglia dialettale stretta delle varietà linguistiche baltofinniche. Adattato
da Manuel Barbera, Introduzione storico-descrittiva
alla lingua vota (fonologia e morfologia), Pavia, Legostampa Editore, 1995, p. 15.
I taxa, cioè i livelli tassonomici, che abbiamo usato per questa classificazione (e che potete confrontare con i taxa biologici presentati nella tavola iniziale), e le caratteristiche che li fanno individuare sono i seguenti:
1. | Lingue (principalmente sociolinguistica moderna, parzialmente storica) |
A. | Macropartizione sovradialettale (di norma storica, spesso anche primaria) |
a. | dialetti primari (entità filogenetiche effettive, storicamente distinte) |
+ | macropartizioni subdialettali (principalmente storiche) |
· | micropartizioni subdialettali (principalmente storiche, parte geografico-sociolinguistiche) |
= | sezioni di micropartizione (principalmente geografiche, a volte storiche, ma non primarie) |
- | sottosezioni di micropartizione (principalmente geografiche) |
[tav. 8]
Unità tassonomiche utilizzate per la classificazione
delle lingue baltofinniche.
In questo caso, le entità originarie storicamente interessanti
non sono, dunque, quelle numerate come "lingua", ma quelle contrassegnate
con le lettere minuscole. I rapporti storici sotto la strutturazione dialettale moderna
sono stati stratigraficamente individuati da una serie di ricerche (svolte per il finnico da Pekka Sammallahti,
per l'estone da Tiit-Rein Viitso, e per il voto dal sottoscritto) in base allo studio
di un certo numero di isoglosse significative, tra le quali occupano un particolare
rilievo quelle relative alla "gradazione":
[tav. 9].
Le isoglosse disegnate dalla
"gradazione" nelle lingue baltofinniche. La "gradazione" (in finnico astevaihtelu
'mutamento di grado') è un fenomeno di alternanze (morfo)fonologiche in base al quale
l' "iniziale" (onset, Anlaut) della seconda sillaba (che nelle
lingue BF coincide di solito con l'uscita del tema della parola) può comparire in
grado forte (GF) o grado debole (GD) a seconda che la "finale" (Auslaut) sia
leggera (uscita in vocale ossia "sillaba aperta") o pesante (uscita in consonante
ossia sillaba "chiusa"). Il meccanismo è spiegato più diffusamente per il finnico nel
paragrafo seguente. Riprodotto da Manuel Barbera, La gradazione baltofinnica,
Londra, Lothian Foundation Press, 1993, p. 101.
La situazione ricostruibile è infatti la seguente:
[tav. 10].
La filogenesi delle costituenti storiche primarie rispetto alla riorganizzazione
dei sistemi dialettali delle "lingue" baltofinniche odierne. Riprodotto da Manuel
Barbera, La gradazione baltofinnica, Londra, Lothian Foundation Press, 1993, p. 103.
Si tratta di uno schema complesso, in cui le unità di convergenza
nei sistemi dialettali ("lingue") moderni sono raffigurate dalle aree retinate,
e la struttura arborescente costruitavi al di sopra indica (con spostamenti "geografici"
dei rami come nella cartina predente del protouralico) le relazioni genealogiche
effettive delle componenti filogenetiche primarie.
Il sistema fonologico del finnico (di cui abbiamo intravisto
qualcosa nel paragrafo precedente) è al contempo estremamente semplice (nelle sue
linee strutturali) ed abbastanza caratteristico e complesso (nel suo uso della durata
e nelle sue alternanze [morfo]fonologiche) da costituire tanto un buon punto di
partenza per studiare la costruzione dei sistemi fonologici (specie consonantici)
in generale, quanto una buona introduzione ad alcune caratteristiche fonologiche
tipiche del gruppo di lingue di cui fa parte.
Se limitiamo, infatti, il consonantismo ai soli fonemi veri e propri, il sistema è di una semplicità estrema (di fatto tra i più spartani del mondo; per una migliore comprensione, consiglio di inserire queste osservazioni nel secondo percorso di studio sulla fonologia suggerito nel paragrafo su Trubeckoj): un'unica serie di occlusive su soli 4 punti di articolazione, due fricative, due nasali, due liquide e tre approssimanti, cui però si aggiunge la durata /:/, sempre distintiva:
[tav. 11]
Il sistema fonologico consonantico del finnico. In ascissa i punti di articolazione
(da anteriori a posteriori), in ordinata i gradi d'apertura del canale fonatorio
(da occlusivi ad approssimanti). Tutti i fonemi sono stati notati con
il grafo dell'ortografia standard (la cui univocità è nel complesso eccellente, tra
le migliori al mondo), con l'eccezione dell'occlusiva glottale, per cui ho usato il
grafo IPA.
L'unica complicazione (cfr. il terzo percorso
di studio sulla fonologia suggerito nel paragrafo su Trubeckoj) sembrerebbe essere
l'occlusiva glottale, che ricorre
solo in finale di parola (o membro di composto) dopo vocale, e non è segnata dall'ortografia
standard (nelle grammatiche è a volte segnata con un apostrofo). In realtà, non
è mai pronunciata come tale, ma è sempre assimilata fonosintatticamente alla consonante
della sillaba successiva, per cui, ad es,. tule tänne 'vieni qui!', che fonologicamente
è /tule' tänne/, foneticamente è realizzato /'tulet:tæn:ne/. Una delle pochissime
discrepanze tra pronuncia e scrittura dell'ortografia finnica è in effetti data proprio
dalla mancata rappresentazione della glottale nei composti, per cui, ad es., [tervet:tuloa]
'benvenuto' è scritto tervetuloa anziché, come uno si aspetterebbe, *tervettuloa.
Anche la allofonia per quanto riguarda le variazioni
puramente posizionali (tassofoni; per meglio contestualizzare, cfr. il
terzo percorso
di studio sulla fonologia suggerito nel paragrafo su Trubeckoj)
è modesta, ed interessa solo la nasale, velare davanti a velare (variazione perdipiù
resa anche nell'ortografia con il grafo "ng"), e l'approssimante glottale, velare
arretrato davanti a velare. Quello che complica, invece, il quadro sono le alternanze
morfofonologiche note come "gradazione consonantica", cui già abbiamo accennato
classificando le lingue baltofinniche. Il loro impatto nel sistema fonologico, comunque,
è superficialmente limitato, in quanto non producono foni nuovi rispetto a quelli già
altrimenti presenti, con un'unica eccezione, la [d]. Questo, infatti, è un risultato
introdotto artificialmente all'inizio del secolo scorso, su modello dello svedese,
per unificare nel finnico standard gli esiti fortemente differenziati che i dialetti
presentano per il grado debole di /k/. Si potrebbe anche accettare che ormai in
finnico moderno standard [d] abbia ormai valore di fonema /d/ in base alla sua
diffusione nei nomi propri e nei prestiti svedesi, se non fosse così poco integrato
nel sistema (sarebbe l'unico fonema a presentare una opposizione distintiva di sonorità).
[tav. 12]
Il sistema fonologico ed allofonico consonantico del finnico. Tutti i fonemi sono stati
notati, questa volta, in IPA.
La gradazione (in finnico astevaihtelu 'mutamento di grado'; dal punto di vista della linguistica storica cfr. la tavola sulle isoglosse gradazionali nel baltofinnico; dal punto di vista fonologico cfr. invece il terzo percorso di studio sulla fonologia suggerito nel paragrafo su Trubeckoj) è un fenomeno di alternanze (morfo)fonologiche in base al quale l' "iniziale" (onset, Anlaut) della seconda sillaba (che nelle lingue BF coincide di solito con l'ultima sillaba del tema) può comparire in grado forte (GF) o grado debole (GD) a seconda che la "finale" (Auslaut) sia leggera (uscita in vocale ossia "sillaba aperta") o pesante (uscita in consonante ossia sillaba "chiusa"). Il fenomeno è caratteristico di (quasi) tutte le lingue finnolapponi (ad esclusione del vepso e del lappone meridionale). L'alternanza, estremamente pervasiva in quanto interessa tutte le occlusive e la maggior parte dei loro nessi, ha carattere non solo fonologico ma anche morfologico, in quanto avviene tipicamente a seguito dell'associazione o meno di qualche morfema al tema. Ad esempio in finnico a fronte del nominativo, che non ha alcuna desinenza e coincide con il tema nudo, il genitivo aggiunge -n, mutando l'Auslaut della seconda sillaba ed innescando la gradazione: liitto 'unione-NOM' (GF: sillabicamente CVVC-CV, con seconda sillaba aperta) diventa così al genitivo liiton da un teorico *liitto+n (GD: sillabicamente *CVV-CVC con seconda sillaba chiusa): si ha così un'alternanza tra il GF tt ed il GD t. Il preciso mutamento fonetico dei "gradi deboli" può variare tra l'abbreviamento (I), la lenizione (II), l'assimilazione (III) e la semplificazione (IV), anche combinate (VI), mentre solo pochissimi clusters (VII) ne restano inalterati. Nella tavola seguente riporto un campionario completo di esempi (tutti tra nominativo e genitivo) per rendere meglio comprensibile il meccanismo.
[tav. 13]
La gradazione consonantica in finnico: repertorio completo di esempi, scelti tutti
nell'opposizione tra nominativo (tema nudo) e genitivo (+ -n). I 7 tipi
di mutazione sono quelli elencati sopra nel testo. Riprodotto da Manuel Barbera,
La gradazione baltofinnica, Londra, Lothian Foundation Press, 1993, p. 15-16.
Venendo invece al vocalismo, il finnico presenta un sistema appena più complesso, articolato su tre ordini per 3 soli gradi di apertura (per una miglior comprensione cfr. il primo percorso di studio sulla fonologia suggerito nel paragrafo su Trubeckoj). La correlazione presente oltre a quella di anteriorità è la procheilia o labializzazione, per cui si hanno anche le anteriori alte [y] e medie [ø] (come ad es. in francese). L'estone aggiunge a queste anche una serie aprocheilica nell'ordine velare, avvicinandosi di più alla situazione di molte altre lingue uraliche più orientali, che hanno spesso vere serie di aprocheile (velari o centrali) e di "ridotte" o centralizzate. Notate, tra l'altro, l'altra "singolarità dell'estone": la presenza di almeno tre gradi distintivi di durata (breve : lungo : extralungo); la forte sensibilità alle variazioni di lunghezza è caratteristica precipua di molte lingue uraliche.
[tav. 14ab]
Il sistema fonologico delle vocali in finnico ed estone. I grafi usati sono quelli
delle rispettive ortografie standard.
Se la gradazione è un sistema di alternanze peculiare del solo gruppo
finnolappone, l'armonia vocalica è invece un sistema di alternanze caratteristico
tanto della maggior parte delle lingue uraliche quanto ancor più delle lingue altaiche,
ed è parlando di queste che affronteremo più decisamente l'argomento (cfr.
oltre).
Le lingue uraliche hanno sistemi di casi spesso complessi,
che possono raggiungere (contando solo i casi "regolari") i 21 dell'ungherese (ugrico),
od i 19 del komi (permico), con i 12 del finnico (baltofinnico) che rappresentano
la media. Dato che avevamo già presentato il problema dei casi locativi parlando
delle lingue caucasiche NE,
e dato che le soluzioni del finnico e dell'ungherese costituiscono altri casi assolutamente
generali dal punto di vista strutturale, non sarà male presentarli brevemente.
direzionalità | interiorità | prossimità |
stato (in : ad) | inessivo -ssA | adessivo -llA |
moto a (in : ad) | illativo -(h)V(V)n | allativo -lle' |
moto da (ex : ab) | elativo -stA | ablativo -ltA |
direzionalità | interiorità | adesione | prossimità |
stato a (in : super : ad) | inessivo -bAn | superessivo -(E)n | adessivo -nÁl |
moto a (in : sub : ad) | illativo -bA | sublativo -rA | allativo -hOz |
moto da (in : de : ad) | elativo -bÓl | delativo -rÓl | ablativo -tÓl |
[tav. 15ab]
Il sistema dei casi locativi del finnico (a) e dell'ungherese (b). Si badi che nella
tabella si sono seguite le seguenti convenzioni, specie per quanto riguarda la
rappresentazione dell'armonia vocalica (che tratteremo a proposito delle lingue
altaiche). Per l'ungherese: "A" = {a~e}, "E" = {o~e~ö}, "O" = {o~ö} + "´" = lunghezza;
per il finnico: "A" = {a~ä}, "V" = vocale=tematica.
Rispetto al sistema del tabassarano che avevamo precedentemente
analizzato notiamo alcune differenze. In primo luogo la consistenza delle dimensioni
è ternaria (come più spesso accade, dato che rappresenta l'articolazione più
semplice dello spazio deittico) anziché a cinque membri. In secondo luogo, la scelta
delle dimensioni non-direzionali ma bensì di inerenza è diversa: prevale il concetto
di interiorità all'inerenza, ed anzi l'ungherese aggiunge anche una dimensione di
aderenza. L'organizzazione sublogica (come la chiamava Hjelmslev) dello spazio, come ben
si può vedere da questi tre esempi, viene articolata diversamente da lingua a lingua
e non rappresenta, in sé, un "universale".
Un'altra differenza è che apparentemente, mentre il sistema del tabassarano era chiaramente
composizionale, i morfemi del finnico e dell'ungherese sembrano compatti o comunque "fusi":
In realtà, storicamente, anche questi sono frutto di combinazione di morfemi distinti,
che sono ancora abbastanza facilmente identificabili nel finnico (*s 'interiorità'
e *l 'prossimità': per una analisi più approfondita cfr. la mia Introduzione
storico descrittiva alla lingua vota. Fonologia e morfologia, Pavia, Legostampa,
1995, pp. 150-179), e meno scopertamente nell'ungherese.